domenica 21 ottobre 2012

Dichiarazione di voto del capogruppo consiliare del Partito della Rifondazione Comunista, Marsilio Gatti, sul piano comunale per l’attuazione del diritto allo studio 2012-2013 - Consiglio comunale del 03-07-2012



PREMESSA

Non ripeterò quanto detto nei precedenti piani di studio comunali, che lo stato massacra la scuola, fonte della evoluzione umana, che la Regione finanzia la scuola privata, essendo la regione di inquisiti, che non hanno, più neanche la dignità di esistere.
Che i piani scolastici, dalle ultime riforme non fanno che escludere gli esseri umani dalla formazione umana, ma per la formazione di umani meccanici.
Che la scuola oggi non da precedenza “alla vita, all’ambiente, alla bibliografia ma alla meccanica robotizzata “mentale”.
La scuola “oggi” non è più fonte di creazione umana, ma una macchina che stritola, che seleziona gli individui e che ogni anno aumentano le differenze economiche di partenza di ogni persona.
Bocciare è come “sparare nel cespuglio e se nel cespuglio c’era qualcuno, non è colpa di nessuno ma del cespuglio”.
Non ripeterò che bisogna differenziare aumentando la scala parametrale delle  tabelle della partecipazione economica, anche se una parte degli evasori ne trarrebbero beneficio.
Non ripeterò quello che ho detto in commissione di poter avere il minimo di analisi e sintesi dei progetti integrativi, dell’offerta formativa concordati con l’istituto Olivelli delle  per capire e fare delle proposte in merito.
QUELLO CHE ANDRO’ A LEGGERE È LA MIA DICHIARAZIONE DI VOTO.
ED E’ COMPOSTA DI 10 PAGINE.  QUELLA CHE LEGGERO’ E’ UNA SINTESI, MA AGLI ATTI VERRA’ DEPOSITATA INTEGRALMENTE. QUINDI QUELLI CHE VORRANNO LEGGERLA INTEGRALMENTE DOVRANNO LEGGERLA QUANDO VERRA’ PUBBLICATA ALL’ALBO PRETORIO.

DICHIARAZIONE

«La Repubblica  Italiana riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo”.
Per comprendere il perché delle foibe o dell’esodo di molti italiani che risiedevano lungo i confini orientali dell’Italia, occorre inquadrare questi avvenimenti in un più vasto contesto storico.
I fatti, i timori, che avevamo espresso fin da quando fu istituito il giorno del ricordo si sono puntualmente avverati. Anche dalle più alte cariche dello Stato(1) si è sentito il dovere di enfatizzare una retorica che non contribuisce ad alcuna lettura critica del nostro passato, l’unica che possa servire ad elevare il nostro senso civile, ma che alimenta ulteriormente il vittimismo nazionale. Per questo voglio ribadire quanto scrivevano anni fa e scrivono gli storici da Collotti a Boca, con la prima Giornata del Ricordo per onorare le vittime delle foibe.
“Non era difficile prevedere che collocare la celebrazione a due settimane dal Giorno della Memoria in ricordo della Shoah,(2) ha significato dare ai fascisti e ai postfascisti la possibilità di urlare la loro menzogna-verità, per oscurare la risonanza dei crimini nazisti e fascisti e omologare in una indecente e impudica par condicio della storia tragedie incomparabili, che hanno l’unico denominatore comune di appartenere tutte all’esplosione sino allora inedita di violenze e sopraffazioni che hanno fatto del secondo conflitto mondiale un vero e proprio mattatoio della storia. Nella canea (3) soprattutto mediatica, suscitata intorno alla tragedia delle foibe dagli eredi di coloro che ne sono i massimi responsabili la cosa più sorprendente è l’incapacità dei politici della sinistra, che sinistra non sono, di dire con autorevolezza ed energia: giù le mani dalle foibe! Come purtroppo è già avvenuto in altre circostanze, l’incapacità di rileggere la propria storia, ammettendo responsabilità ed errori compiuti senza per questo confondersi di fatto con le ragioni degli avversari e degli accusatori di comodo, cadendo in un facile e ambiguo pentitismo, non contribuisce,  a fare chiarezza intorno a un nodo reale della nostra storia che viene brandito come manganello per relativizzare altri e più radicali crimini.
La vicenda delle foibe ha molte ascendenze, ma certamente la più rilevante è quella che ci riporta alle origini del fascismo nella Venezia Giulia. Fino a quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia, di una regione italiana, senza accettarne la realtà di un territorio abitato da diversi gruppi nazionali e trasformato in area di conflitto interetnico dai vincitori della  guerra mondiale del 1914 - 1918, incapaci di affrontare i problemi posti dalla compresenza di gruppi nazionali diversi, si continuerà a perpetuare la menzogna dell’italianità offesa e a occultare (e non solo a rimuovere) la realtà dell’italianità sopraffattrice. Non si tratta di evitare di parlare delle foibe, come ci sentiamo ripetere quando parliamo nelle scuole del giorno della memoria e della Shoah, ma di riportare il discorso alla radice della storia, alla cornice dei drammi che hanno lacerato l’Europa e il mondo, nei quali il fascismo ha trascinato, da protagonista e non da vittima, il nostro paese.
Che cosa sanno ancora oggi, la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo contro le minoranze slovena e croata (senza parlare dei sudtirolesi o dei francofoni della Valle d’Aosta) addirittura da prima dell’avvento al potere; della brutale snazionalizzazione              
-proibizione della propria lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati, toponimi cambiati – (del significato e dell'origine di un nome proprio, sia esso di un luogo o di una persona, in questo caso si parla di antroponomastica).  come parte di un progetto di distruzione dell’identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica? I paladini del nuovo patriottismo fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che parlavano della superiorità della civiltà e della razza italica, che vedevano un nemico e un complottardo in ogni straniero,  che volevano impedire lo sviluppo dei porti jugoslavi per conservare all’Italia il monopolio strategico ed economico dell’Adriatico. Che cosa sanno dell’occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d’Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S. Sabba e degli impiccati di via Ghega? Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell’arco di un ventennio con l’esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. È qui che nascono le radici dell’odio, delle foibe, dell’esodo dall’Istria”.
“Nella storia non vi sono scorciatoie per amputare frammenti di verità, mezze verità, estraendole da un complesso di eventi in cui si intrecciano le ragioni e le sofferenze di molti soggetti. Al singolo, vittima di eventi più grandi di lui, può anche non importare capire l’origine delle sue disgrazie
; ma chi fa responsabilmente il mestiere di politico o anche più modestamente quello dell’educatore deve avere la consapevolezza dei messaggi che trasmette, deve sapere che cosa significa trasmettere un messaggio dimezzato, unilaterale”.
Da sempre nella lotta politica, soprattutto a Trieste e dintorni, il Movimento sociale (Msi) un tempo e i suoi eredi oggi usano e strumentalizzano il dramma delle foibe e dell’esodo per rinfocolare l’odio antislavo; rintuzzare questo approccio può sembrare oggi una battaglia di retroguardia, ma in realtà è l’unico modo serio per non fare retrocedere i modi e il linguaggio stesso della politica agli anni peggiori dello scontro nazionalistico e della guerra fredda. I profughi dall’Istria hanno pagato per tutti la sconfitta dell’Italia da qui bisogna partire ma anche da chi ne è stato responsabile) il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa,  bisogna sapere guardare alle tragedie di casa nostra nel vissuto delle tragedie dell’Europa. Non esiste alcuna legge di compensazione di crimini e di ingiustizie, ma non possiamo indulgere neppure al privilegiamento di determinate categorie di vittime. Fu dura la sorte dei profughi dall’Istria, ma l’Italia del dopoguerra non fu sorda soltanto al loro dolore. Che cosa dovrebbero dire coloro che tornavano (i più fortunati) dai campi di concentramento,di sterminio, che rimasero per anni muti o i cui racconti non venivano ascoltati? E gli ex internati militari – centinaia di migliaia – che tornavano da una prigionia in Germania al limite della deportazione?
La storia della società italiana dopo il fascismo non è fatta soltanto del silenzio (vero o supposto) sulle foibe, è fatta di molti silenzi e di molte rimozioni. Soltanto uno sforzo di riflessione
complessivo, mentre tutti si riempiono la bocca d’Europa, potrà farci uscire dal nostro nazionalismo e dal nostro esasperato provincialismo
Non si può capire l’estrema, condannabile, violenza del regime di Tito, che ha generato le foibe e l’esodo di centinaia di migliaia di italiani, se non si ripercorre la storia del Novecento. Quando l’Italia, vincitrice nella Prima guerra mondiale, ingloba nel proprio territorio 327 mila sloveni e 152 mila croati, anziché scegliere la strada del rispetto per le minoranze, suggerito da Wilson (4) sceglie invece quella dell’assimilazione forzata e brutale. E’ con l’incendio, il 13 luglio 1920, del Narodni dom (5) la sede delle principali organizzazioni slave di Trieste, che ha inizio la grande campagna di snazionalizzazione della Venezia Giulia.
Se si leggono i rapporti dei prefetti e dei gerarchi fascisti, questa campagna viene descritta con differenti locuzioni: "assimilazione", "italianizzazione", "nazionalizzazione", "bonifica etnica", "epurazione etnica". Ma il significato è lo stesso: annientamento di un popolo.
Come hanno scritto i quattordici storici italiani e sloveni della Commissione mista(6)  Il colonialismo italiano (7)
E’ il tema della rimozione dei crimini sistematicamente commessi dall'Italia fascista nella costruzione del suo impero, in nome della "superiore civiltà italica" e della sua "missione civilizzatrice", in Africa (Libia, Etiopia, Somalia) e nei Balcani (Albania, Jugoslavia e Grecia). con un bilancio di morti, arrotondato per difetto, di 300.000 etiopi, 100.000 libici, 100.000 greci e 250.000 jugoslavi.
Tutto questo può bastare per scatenare odi e desiderio di vendetta? Basta per spiegare le foibe, anche se nelle foibe sono finiti degli innocenti e non il generale Roatta e tutti i criminali nazifascisti?
Non uno solo dei generali italiani che hanno operato nei Balcani, tra il 1941 e il 1943, ha pagato per i suoi crimini. Così come nessun generale o gerarca fascista ha pagato per le stragi, le deportazioni, l'uso dei gas in Etiopia e in Libia. Alcuni di costoro, anzi parecchi di costoro, hanno avuto incarichi ed onori dagli stessi governi della Repubblica, nata dalla Resistenza
Nella cerimonia a Palazzo Chigi sia Berlusconi che Fini hanno inserito la questione delle foibe dentro la campagna elettorale, mentre aprirono le liste a Fiamma tricolore e a Forza Nuova e alla cultura razzista della lega.
Le tragedie del 900 hanno avuto troppi occhi di chi non vedeva e non sentiva e non parlava,
Memoria e ricordo non devono evocare solo la tragedia, come fosse anonima,
Ricordare è importante al fine di evitare di ripetere gli stessi errori. Questo vale per i singoli individui ma vale anche per i popoli, la memoria dei popoli si chiama storia. Se apprendessimo la storia, non in maniera passiva e mnemonica (purtroppo privilegiata dalla scuola), ma analizzandola e comprendendola, probabilmente certi misfatti non si ripeterebbero.
Come si possono dimenticare queste parole pronunciate da Benito Mussolini nel 1920: “Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possono sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani?”
Chi ha voluto la “Giornata Nazionale del Ricordo” non si è preoccupato tanto delle vittime e degli sfollati, quanto di usare le “foibe” per fare lotta politica, nel significato peggiore della parola. (8)
Dice e scrive:Angelo Del Boca (9)
“Per troppi decenni, sulle foibe, si sono scritte le menzogne più infami, dimenticando che nei Balcani il lavoro sporco lo hanno compiuto interamente gli italiani, seguendo le precise direttive dei più bei nomi del gotha dell’esercito di Mussolini.
Ho anche precisato, nei miei libri, che le guerre di conquista volute da Crispi, Giolitti e Mussolini, sono costate la vita di almeno 500 mila africani. Un progetto di legge, che porta il mio nome, per ricordare quelle vittime con l’istituzione di una giornata della memoria, giace negli archivi del Parlamento italiano e vi resterà per l’eternità”
La giornata del ricordo è stata istituita il giorno del trattato di pace, (sottoscritto dai rappresentanti italiani il 10 febbraio 1947 ).
Se teniamo conto della storia si sarebbe dovuto capire che le cause della perdita dell’Istria e tutto quello che è successo poi, non sono riconducibili o attribuibili al trattato di pace, ma sono attribuibili o riconducibili all’entrata in guerra e alla aggressione dell’Italia alla Iugoslavia.
E’ quello il momento in cui inizia tutta la tragedia che poi è avvenuta. Se si doveva istituire il giorno del ricordo, questa andava istituita il 10 Giugno, perché, il 10 GIUGNO 1940 L’ITALIA FASCISTA ENTRA IN GUERRA. Oppure il 6 Aprile perché, il 6 Aprile 1941 data della aggressione alla Jugoslavia. le armate italo-tedesco invasero la Iugoslavia e ne ottennero la capitolazione il 18 aprile, perché non è stato fatto? Perché avrebbe costretto a parlare di molte cose che dopo la 2° guerra mondiale non se ne è, nè parlato, nè insegnato.
E’ come se istituissimo il giorno del ricordo delle vittime dei bombardamenti di Dresda e Brema fatto dagli alleati Inglesi e Americani, la terribile  pioggia di morte provocò centinaia di migliaia di morti in due notti, se facessimo parlare i testimoni sopravissuti di quello che è loro accaduto, e i loro racconti ripetuti per anni, risulterebbero criminali gli Inglesi e gli Americani e non il Nazifascismo Italo Tedesco.
Ecco perché la giornata del ricordo è sbagliata. Quelli che l’hanno decisa vogliono scrollarsi di dosso la loro storia, ma non è con le falsità storiche che si costruisce il futuro e la convivenza sociale.
La memoria storica non può essere condivisa, perché non è lo stesso l’antifascismo e il fascismo e non possono essere paragonabili. Il primo lottava  per la libertà, la democrazia, la solidarietà, la dignità, il secondo era la sua negazione.
Andrebbe istituito le giornate dell’odio, perché è l’odio che  porta alle tragedie umane, anche se l’odio e il razzismo è parte integrante e diretta dagli interessi economici e di potere, cosi come le religioni.
Eliminare l’odio è difficile perché bisognerebbe riconoscere che è insito con gli interessi economici e di potere di una parte  come la deportazione degli immigrati operata a Rosarno, Reggio Calabria., o le assunzioni discriminatorie che attua la Fiat e difese dall’asse dell’A.B.C, o del disconoscimento del diritto alla maternità operato dalla ditta B.B, che se una donna rimaneva incinta veniva automaticamente licenziata.
La cultura costituzionale ancora oggi non esiste ed è difficile continuare a dire che la memoria deve essere condivisa, sarebbe la memoria degli ipocriti. Se supereremo la cultura dell’odio, del razzismo e della persecuzione, allora si che potremo dire di avere una memoria condivisa, perché è costruita su di un valore che è il rispetto e la difesa della dignità dell’essere umano, perché avremo abbattuto tutte le barriere  economiche e di potere che determinano i rapporti e la vita sociale da parte di una classe.

Voto contro,  non esiste la volontà politica e sociale di trasmettere la nostra storia, da dove veniamo, e quanto ci è costato una società che dovrebbe essere democratica e fondata sui valori umani e solidali, costituzione che dopo più di 60 anni,
ancora non è la storia e cultura di un popolo-non viene insegnata come vera materia scolastica alle nuove generazione, ed è la carta costituzionale del vissuto di quelli che hanno pagato di persona le abominevoli e nefaste conseguenze della cultura nazifascista. Conoscere le proprie radici e la propria storia è niente altro che evoluzione dell’essere umano per diventare umano in una società democratica e solidaristica, che al centro e al di sopra di tutto c’è la dignità dell’essere umano e solo la eliminazione di ogni odio nella cultura sia sociale che  politica potrà attuarla. La scuola  dovrebbe essere educatrice dei valori umani e la costituzione dovrebbero essere materia di studio, evitando disastri futuri. Un altro mondo è possibile.

1) La Repubblica  Italiana riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo". al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale» (legge 30 marzo 2004 n. 92)
2) come il discorso del presidente Napolitano
3)"Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
4) insistente abbaiare dei cani che inseguono la selvaggina.
5) Thomas Woodrow Wilson (Staunton, 28 dicembre 1856Washington, 3 febbraio 1924) è stato un politico statunitense. Fu il 28º presidente degli Stati Uniti (in carica dal 1913 al 1921).
6) l Narodni dom (in sloveno, Casa del popolo o Casa nazionale) di Trieste era la sede delle organizzazioni degli sloveni triestini, un edificio plurifunzionale nel centro di Trieste, nel quale si trovavano anche un teatro, una cassa di risparmio, un caffè e un albergo (Hotel Balkan).

7) La Commissione venne istituita nell’ottobre 1993 su iniziativa dei Ministri degli Esteri di Italia e Slovenia con la consegna dei  lavori della Commissione che sono terminati nel luglio 2000
La Relazione venne divulgata tramite stampa nella primavera 2001 in quel loro documento purtroppo dimenticato, "il fascismo cercò di realizzare nella Venezia Giulia un vero e proprio programma di distruzione integrale dell'identità nazionale slovena e croata". Programma che l'Italia fascista cercò di completare nel 1941, quando incorporò nel proprio territorio la parte meridionale della Slovenia. Adesso non erano più le squadracce di Francesco Giunta a usare violenze sulle minoranze slave, ma l'esercito italiano, il quale, in base alla famigerata circolare 3C, emessa il 1° marzo 1942 dal generale Roatta*, potevano impiegare ogni mezzo per piegare la resistenza degli sloveni. I risultati di questa condotta sono tristemente noti: 13 mila uccisi, fra partigiani e civili; 26 mila deportati in campi di concentramento; 83 condanne a morte, 434 ergastoli, 2695 pene detentive per un totale di 25.459 anni.
*Mario Roatta insieme ad Angioy, al colonnello Santo Emanuele ed al maggiore Roberto Navale l'ideatore del piano per uccidere i fratelli Rosselli e numerosi antifascisti che avevano trovato asilo in paesi vicini. Sia il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano che il suo capo di gabinetto Filippo Anfuso sarebbero stati a conoscenza dell'operazione. Nel frattempo Roatta divenne generale di brigata. La filosofia della pulizia etnica era stata indicata nella circolare "3C dal generale Roatta.

8) Il colonialismo italiano –Del BOCA
Il tema della rimozione dei crimini sistematicamente commessi dall'Italia fascista nella costruzione del suo impero, in nome della "superiore civiltà italica" e della sua "missione civilizzatrice", in Africa (Libia, Etiopia, Somalia) e nei Balcani (Albania, Jugoslavia e Grecia). Massacri di civili, distruzione di interi villaggi, eliminazione delle élite intellettuali e politiche, uso di armi chimiche, distruzione delle colture e del bestiame per ridurre alla fame la popolazione, deportazioni e campi di concentramento con una mortalità che arrivò sino al 50% degli internati. Una serie di orrori, con un bilancio di morti, arrotondato per difetto, di 300.000 etiopi, 100.000 libici, 100.000 greci e 250.000 jugoslavi.

9) Le foibe  - spiega il Direttore del Centro Servizi Culturali e Bibliotecari  Mauro Vaglio-  “furono il prodotto di odi diversi : etnico, nazionale e ideologico . Come ha sintetizzato  lo storico triestino Roberto Spazzali, furono la risoluzione brutale di un tentativo rivoluzionario di annessione territoriale. Chi non ci stava, veniva eliminato. Ed il non averne parlato per tanti anni, è solo il frutto di una democrazia incompiuta, che ha caratterizzato la nascita della Repubblica Italiana, dopo la resa del fascismo”.
1) non ci fu alcun “assassinio” di massa di italiani;
2) non ci fu alcuna “pulizia” etnica;
3) le "bande comuniste del maresciallo Tito" storicamente non esistono perché si trattava dell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo, facente parte a tutti gli effetti degli Alleati contro le forze dell'Asse;
4) gli "esuli" furono 350.000  e se ne andarono dalla Jugoslavia nel corso di vent'anni.

10) Angelo Del Boca  ) Per troppi decenni, sulle foibe, si sono scritte le menzogne più infami, dimenticando che nei Balcani il lavoro sporco lo hanno compiuto interamente gli italiani, seguendo le precise direttive dei più bei nomi del gotha dell’esercito di Mussolini. Era inevitabile, anche se oltremodo spiacevole, che alla fine del conflitto sulla frontiera orientale si sarebbe arrivati ad una resa dei conti. Contro il revisionismo storico in generale, e contro quello che ha dipinto le nostre imprese coloniali come missioni civilizzatrici, ho scritto una ventina di volumi, denunciando, per cominciare, l’impiego sistematico dei gas durante la guerra d’Etiopia, crimine sempre negato e ammesso soltanto nel 1998 dal Ministro della Difesa, generale Corcione.
Ho anche precisato, nei miei libri, che le guerre di conquista volute da Crispi, Giolitti e Mussolini, sono costate la vita di almeno 500 mila africani. Un progetto di legge, che porta il mio nome, per ricordare quelle vittime con l’istituzione di una giornata della memoria, giace negli archivi del Parlamento italiano e vi resterà per l’eternità.


Consiglio comunale del 03-07-2012 Dichiarazione di voto del capogruppo consiliare del Partito della Rifondazione Comunista, Marsilio Gatti, sull’ambito di trasformazione urbana (AdT4) Carcina.



PREMESSA

Nella storia umana la terra nasce come bene comune. Terra comune significa terra che include e non esclude: bene al quale tutti possono accedere. La terra comune, proprio perché includente, non comporta dominio né violenza né possesso. La storia ci mostra come all’origine dell’esclusione vi sia sempre un atto di violenza, fisica o normativa. La terra esprime utilità che corrisponde a valori tutelati costituzionalmente e che pertanto deve essere salvaguardata per permetterne la fruizione dell’intera collettività e soprattutto delle future generazioni: dal paesaggio all’ambiente, dalla salute all’alimentazione, dalle formazioni sociali al territorio, dalla cultura al lavoro. ( anche se oggi con festa orgiastica, dell’ABC, hanno distrutto l’impianto e le fondamenta della costituzione che la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro). Sono utilità che possiamo qualificare come fondamentali, proprio perché connesse a diritti fondamentali tutelati dalla nostra Costituzione: come le utilità che si riferiscono alla naturale fertilità della terra e perciò alla genuinità dei prodotti agricoli e che si connettono al diritto alla salute (art. 32 cost.); o quelle che sono legate alla morfologia preesistente e che richiamano sia il diritto al paesaggio (art. 9 cost.) sia, grazie al mantenimento del manto vegetale, il diritto all’ambiente salubre (art. 32 cost.); o quelle che discendono dalla idoneità della terra a essere lavorata e che pertanto consentono l’attuazione del diritto al lavoro (artt. 35 e 44 cost.); o quelle che derivano dal fatto che la terra è elemento fondante della cultura e delle tradizioni delle popolazioni insediate (artt. 2 e 9 cost.). Del resto, quando nelle elencazioni si fa riferimento a beni comuni come i boschi e le acque, le alte montagne e i parchi, il paesaggio e il territorio, il cibo e le produzioni tipiche, la terra è sempre presente nella sua coinvolgente fisicità: contiene l’acqua, fonda il paesaggio, è elemento costitutivo del territorio, garantisce tipicità e genuinità alimentare. In ultima analisi è un bene comune che nella sua materialità rappresenta la base fondamentale di altri beni comuni.
Il primo bene comune è proprio la terra, il nostro pianeta, «Condizione per tutti gli altri beni. Appartiene all'universo a sé stessa ed all'insieme degli ecosistemi che la compongono.  Gli esseri umani non sono i suoi padroni, ma i suoi ospiti: per essere generatrice di vita ha la dignità ed il diritto di essere curata e protetta. La biosfera è un patrimonio che l'umanità deve tutelare. Questo vale per tutte le risorse naturali: l'aria, l'acqua, la fauna, la flora, i microorganismi ed anche, per il mantenimento del clima.

DICHIARAZIONE

Il territorio di fondo valle della bassa Valtrompia, dal Comune di  Concesio sino a  Marcheno e Tavernole, si caratterizza come quasi  completamente occupato da edifici e costruzioni anche industriali  di relativa recente edificazione che  occupano ormai quasi tutti gli spazi della zona non interessata dal territorio montuoso, che in alcuni punti è assai stretta e delimitata da pendii  assai  scoscesi.
Nel Comune  di Villa Carcina, e in particolare  nella parte a sud che va verso  Concesio, l’area che dovrebbe essere  occupata dall’ADT4 è l’ultima area non montana interessata ancora oggi da spazi non edificati e da colture agricole.
L’occupazione  di quest’ultima area eliminerebbe nel territorio comunale  di Villa Carcina una delle ultime aree di compensazione tra la zona occupata da edifici, che è pressoché la totalità del fondo valle e le residue aree verdi che ormai sono individuabili esclusivamente come quelle a fianco del fiume Mella, a nord della frazione  di Pregno e verso il Comune  di Sarezzo.
Ad esclusione di quelle, il Comune di  Villa Carcina non dispone praticamente più di aree adibite a verde e inedificate. Tale situazione appare contrastare con la prescrizione  di cui all'art.8 -comma 2°- lettera e della L.R. 12/2005 e s.i.m., là dove si prevede che il PGT delinei i criteri di intervento, preordinandoli alla tutela paesaggistica, storico-monumentale, ed ecologica.
In tale caso, sembra del tutto evidente che tale tutela ambientale,  sia totalmente venuta meno nella previsione dell'ambito di trasformazione in questione.
La prescrizione sembra contrastare anche con l’art.10 - comma 1° - lettera e - n. 2, dove si  prescrive che il PGT individui le aree di  valore paesaggistico, ambientale ed ecologico.
Nel caso di specie, non sembra affatto che tale individuazione sia avvenuta.
Di tale situazione l’A.C. dovrà rispondere  in termini di illegittima applicazione delle normative riguardanti la formazione dei PGT e la loro attuazione.

2)Rilascio dei  pareri obbligatori per legge.
Per quanto concerne invece i pareri obbligatori per legge e rilasciati sull’opportunità dell’approvazione del Piano dell’ambito di trasformazione, si ricorda che l’ARPA - Dipartimento  di Brescia- ha fortemente sconsigliato l’intervento, dando una valutazione tecnica assolutamente negativa afferente la VIA dell'infrastruttura stradale “Autostrada della Valtrompia” che scorre nelle immediate vicinanze del futuro insediamento a sud dello stesso.
Ricorda infatti l’ARPA che nel provvedimento VIA il sistema  di ventilazione delle gallerie che iniziano proprio immediatamente a sud dell'insediamento dovrà garantire,  in ogni posizione del tracciato in galleria, un ottimale aspirazione ed allontanamento dei gas di scarico, evitando pericolosi accumuli di inquinanti.
Osserva ancora l’ARPA che da indagini svolte è emerso che i fenomeni di molestia olfattiva allegati alla popolazione residente nelle vicinanze degli sbocchi della galleria (e questo è il nostro caso), subiscono una recrudescenza allorché il funzionamento del sistema di evacuazione sia in fase automatica, come quello previsto per l’Autostrada della Valtrompia, ed in altre parole, ad intervalli  nei quali regolarmente si espelle il gas, che ha  concentrazione di inquinanti rilevanti.
Ciò sta a significare che la concentrazione dei gas presenti nella galleria e che dovranno essere  convogliati all’esterno della stessa, a cominciare proprio dall’imbocco che è  immediatamente a sud  dell’insediamento, comporteranno  la diffusione all’esterno della galleria di  notevolissime concentrazioni di inquinanti, nonché del particolato  sospeso in aria e dunque delle famigerate  polveri sottili che potrebbero portare a situazioni di inquinamento molto superiori ai limiti di riferimento. Per tali motivi dovrebbe essere  garantito non solo un regolare sistema  di pulizia della sede stradale che riduca al minimo la presenza di polveri soggette a dispersione eolica, ma anche la predisposizione  di una rete di rilevamento della qualità dell’aria la cui postazione dovrà essere preventivamente concordata con gli enti di controllo.  
Tutto ciò non sembra allo stato sussistere o essere previsto, per cui l’insediamento è sottoposto ad un gravissimo rischio di esposizione a fortissime concentrazioni di sostanze inquinanti e di polveri sottili, quali il PM10, che si andranno ad accumulare proprio in prossimità degli edifici previsti dal piano attuativo  in questione e che metteranno  a gravissimo repentaglio la popolazione ivi residente.
Pertanto l’insediamento deve considerarsi a grave rischio ambientale e della salute dei cittadini, per cui la realizzazione dello stesso comporta l’assunzione di responsabilità circa la possibilità che i residenti del luogo possano essere colpiti da patologie di tipo respiratorio, e purtroppo con rischio anche di tipo oncologico, e che tutto ciò costituirà un gravissimo pericolo per la popolazione,  di cui l’A.C. e i consiglieri di opposizione  che approveranno il piano attuativo, si dovranno prendere la piena e completa responsabilità.

Da ultimo si rileva come l’ASL di Brescia –Distretto Socio-Sanitario n. 4- abbia rilevato nell’ADT4 diverse criticità, fra cui la fascia di rispetto del fiume Mella, il corridoio primario della rete ecologica regionale lungo il fiume Mella, la zona critica della qualità dell’aria e la necessità di fascia di rispetto nei riguardi di previsione della realizzazione del raccordo autostradale A4 da Brescia alla Valtrompia, nella parte sud, non senza rilevare che l’ADT4 è assai prossimo anche all’area industriale di Via Sardegna, e dunque a  possibile rischio di inquinamento da  emissioni industriali.
In tale situazione l’ASL ha considerato l’accumulo di tali criticità nonché la possibilità per quanto riguarda la qualità dell’aria, di forti impatti relativi a concentrazioni di PM10, non avendo considerato altri inquinanti tipici del traffico veicolare quali ad esempio il benzene e gli IPA.
Dunque, sotto tale profilo, l’autorità sanitaria mette in guardia da concentrazioni di inquinanti le cui concentrazioni non sono state neppure compiute in modo completo e  sistematico, secondo lo stesso ente sanitario.
Un’ultima criticità, messa in evidenza dall’ASL, è quella relativa all’inquinamento acustico per cui l’insediamento potrebbe essere esposto ai valori  di sorgenti  sonore prospicienti le strade primarie  di scorrimento, atteso che non solo in zona passerà l’Autostrada della Valtrompia, ma verranno predisposti svincoli e raccordi tali da mettere in collegamento la detta arteria con la viabilità già esistente , che è costituita dalla strada provinciale della Valtrompia, ex SS 345, dalla tangenziale sud e dalla strada che dalla frazione di Calina, porta verso Concesio e San Vigilio.
In questa complessa situazione l’ASL ha espresso parere nettamente negativo alla individuazione  di area a
destinazione residenziale nella fascia in cui si prevede l’insediamento in esame, mettendo l’A.C. in guardia dai notevoli rischi  di danno alla salute, nei quali potrebbero incorrere le popolazioni ivi residenti e di futuro insediamento.

Conclusioni

Alla luce di tutto quanto sopra,
Ostando le considerazioni di carattere urbanistico collegate agli aspetti paesaggistici ed ecologici;
Ostando altresì le valutazioni dell'ARPA in riferimento ai profili ambientali (eccessive concentrazioni di gas e articolato);
Ostando altresì, sotto vari profili, il parere fortemente negativo espresso dall’Autorità Sanitaria.

                                    CHIEDO

All’Amministrazione Comunale di Villa Carcina e a tutti i consiglieri di soprassedere all’approvazione dell’ADT4 stanti le gravosissime responsabilità che si assumerebbero con l’approvazione di tale piano attuativo. Si decida la sospensione dell'insediamento fino a che non saranno risolte tutte le criticità relative  alle interferenza tra il percorso  dell'Autostrada della Valtrompia e   della relativa viabilità di raccordo e l’ADT4. Che tutto il consiglio comunale insieme alla amministrazione, chieda alla Provincia di Brescia ed ANAS l’eliminazione  dal PTCP della predetta autostrada e dunque la definizione di condizioni ambientali migliori rispetto alle quali poter valutare l’insediamento, attuando l’immediata sospensione dell’AdT4.
Confido per le ragioni sopra esposte, nell’accoglimento delle sopra  indicate considerazioni e proposte conclusive.