Solidarietà ai lavoratori di Pomigliano e ai lavoratori di Tychy
L’ALTERNATIVA c’è.
( sia sociale che economica)
NON SOLO AL PIANO MARCHIONNE. (Fiat
Nello stabilimento fiat campano, non si è discusso di produttività o di flessibilità, di un altro modo di produrre, ma di un altro contratto nazionale, di un’altra legge dello stato, di un’altra Costituzione, sostenuto dai cortigiani del potere, dove il liberismo sia la pura legge che governa non solo il mercato ma la vita delle persone.
Lavori e non hai diritti, oggi mi servi, domani te ne vai, non sei un essere umano ma una merce. Le hanno attuate in Polonia con i lavoratori polacchi, oggi lo vogliono attuare in Italia con i lavoratori italiani. La fiat sa che se non ha le basi produttive in Italia perderà anche il mercato nazionale. Il valore universale è la competitività, che si riduce solo ad un criterio; vince chi riesce ad aumentare la produttività, mantenendo più basso possibile il costo del lavoro. Se questa è la gara ,l’Europa non può vincerla,perché il lavoratore europeo dovrebbe avere paghe e diritti di un operaio cinese ,indiano o vietnamita. Pertanto che si possa impegnare l’Europa, produrrà solo disastri sociali e instabilità politica, divisioni, muri su muri, per poi sfociare nel disastro complessivo che con l’unità dell’Europa non si voleva più ripetere,cioè: le guerre fratricide. Si è costruito l’Europa finanziaria e non l’Europa dei popoli, delle loro culture, della loro storia, dei loro vissuti .Non c’è alternativa dicono i liberisti Basterebbe una piccola legge sulle delocalizzazioni che dicesse che: tutte le produzioni di cose, oggetti, materiali, beni comuni, servizi ecc,che vengano prodotti fuori dalla Unione Europea, o nella unione Europea,senza il rispetto della dignità umana le libertà individuali e sociali, un salario decoroso, dignitoso,umano,che permetta alle persone di formarsi una famiglia, di programmare il loro futuro non potranno essere vendute ne commercializzate nel mercato Europeo.( Non è niente altro che la pura evoluzione della prima parte della nostra costituzione.) Non c’è alternativa dicono i liberisti . Si sarebbe dovuto globalizzare i diritti prima delle merci e della finanza. Secondo gli economisti, non di regime ne al soldo della ideologia liberista, dicono che : per contrastare efficacemente la Deflazione da debiti, paragonabile a quella degli anni trenta ed evitare una Deflagrazione a catena nella zona euro, bisogna imporre la fine del tracollo dei salari, tramite un rafforzamento di contratti nazionali collettivi, minimi salariali decenti, decorosi, umani, che permettano alle persone di programmare la loro vita, vincoli ai licenziamenti e nuove norme generali a tutela del lavoro e dei processi di sindacalizzazione, come la legge sulle rappresentanze sindacali e la democrazia in azienda. Spostare i carichi fiscali dal lavoro ai guadagni di capitale e alle rendite, dai redditi ai patrimoni, dai contribuenti con ritenuta alla fonte, agli evasori ,dalle aree ricche alle aree povere di tutta l’unione europea. Predisporre un piano di sviluppo europeo fondato sulla produzione pubblica di beni collettivi e di produzioni ecosostenibili. Non c’è alternativa dicono i liberisti. Ma l’alternativa c’è alla loro ideologia distruttiva e si chiama, “ la 2 Rivoluzione Industriale.” La prima rivoluzione industriale era, ed è ancora basata sulle energie fossili, carbone petrolio. (è come il vecchio che arrivata la sua ora, e che deve lasciare , insieme a lui vuole trascinare anche il futuro. L’evoluzione)La “ la 2 rivoluzione industriale,pura conseguenza evolutiva della prima, che è la conoscenza dei saperi accumulati, è basata sulle energie rinnovabili, ciò vuol dire cambiare il sistema di produrre e di consumare ( c’è il mondo intero da rifare) e non c’è bisogno di fare le guerre per averle, (pensate solo alla montagna di miliardi risparmiati per mantenere forze militari, produrre armi, disintegrazione di territori e aumento della invivibilità socioeconomica e ambientale. Pensate agli stipendi, pensioni, liquidazioni di dirigenti dello stato, manager parlamentari, burocrati, auto blu,corruzione, evasione fiscale e puttanate varie. quanti miliardi a disposizione per la comunità , ritornando al vecchio principio della borghesia liberale, che se l’operaio prende 1, il massimo dirigente,ecc.. non deve prendere più di 5, perché oggi noi lavoriamo e viviamo per garantire la bella vita a questi Dementi.“Alla parola società non corrisponde nulla “ “,Al liberismo non c’è alternativa”,Questa sentenza apocalittica detta da Margaret Thatcher e sostenuta da dottrine scientifiche, che per scientifiche sono considerarle solo quelle che sapevano inventare un meccanismo per fregare il prossimo, erano e sono la giustificazione di scelte dettate dai detentori del potere. Prima liberismo (a parole, con grande dispendio di diagrammi e formule matematiche, ma senza mai rinunciare agli aiuti di stato e alle pratiche monopolistiche); poi dirigismo e capitalismo di stato (per salvare banche, assicurazioni e giganti dell’industria dai piedi d’argilla dal precipizio della crisi); per passare ora a un vero e proprio saccheggio, usando come fossero bancomat, salari, pensioni, servizi sociali e beni comuni, persone, per saldare i debiti dello stato, degli stati messi in crisi dalle banche appena salvate. Così la ricetta che non contempla alternative oggi è libertà dell’impresa; che va messa al di sopra di sicurezza, libertà e dignità, ovviamente dei lavoratori, inopportunamente tutelate dall’art. 41 della Costituzione italiana. A enunciarlo in forma programmatica è stato Berlusconi, subito ripreso dal ministro Tremonti e, a seguire dall’autorità sulla concorrenza che non ha mai mosso un dito contro un monopolio. A tradurre in pratica questa ricetta attraverso un aut aut, senza condizioni, subito salutato dagli applausi degli imprenditori di Santa Margherita Ligure è stato l’amministratore delegato della fiat, il Valletta redivivo del nuovo secolo. Eccola! Limitazione drastica del diritto di sciopero e di quello di ammalarsi,(è anticostituzionale, ma per questi “signori” ,la Costituzione va azzerata e in fretta. Anno ancora la cultura fascista). Una organizzazione del lavoro che sostituisce l’esattezza cronometrica del computer alla scienza approssimativa dei cronometristi (quelli che un tempo alla Fiat si chiamavano i “vaselina”, perché si nascondevano dietro le colonne per spiare gli operai e tagliargli subito i tempi se solo acceleravano un poco per ricavarsi una piccola pausa per respirare). Una turnazione che azzera la vita familiare, subito sottoscritta da quei sindacalisti e ministri che due anni fa erano scesi in piazza per “difendere la famiglia”: la loro, o le loro famiglie ovviamente.. E’ un ricatto; ma non c’è alternativa. Gli operai non la possono rifiutare e non l’hanno rifiuta, (38% di no non sono pochi) anche se la Fiom e i Cobas giustamente, non lo hanno sottoscritto ( Almeno rimarrà una testimonianza di forze sociali che si sono opposte alla schiavitù e alla distruzione della carta costituzionale. ) L’alternativa è il licenziamento dei cinquemila dell’Alfasud- il piano B di Marchionne-e di altri diecimila lavoratori dell’indotto, in un territorio in cui l’unica vera alternativa al lavoro che non c’è , è l’affiliazione alla camorra .Per anni continuano a ripeterci “non c’è alternativa” sono stati banchieri centrali, politici di destra e sinistra , sindacalisti , professori universitari e soprattutto bancarottieri. Adesso, a confermarlo con un referendum, (dopo aver rinnegato per 30 anni la prassi democratica) ,attuando la prassi di regime, incostituzionale e illegittimo chiamano i lavoratori stessi che di questo sopruso sono le vittime designate, a decidere sotto ricatto se sono esseri umani. Ecco la democrazia del pensiero unico: votate pure, tanto non c’è niente da scegliere
“Effettivamente al piano Marchionne non c’è alternativa”. Nessuno ci ha pensato neanche quando il piano non era ancora stato reso pubblico. Nessuno ha lavorato per prepararla, anche quando la crisi dell’auto l’aveva ormai resa impellente. Nessuno ha mai pensato che sarebbe stato necessario averne una, anche se era chiaro da anni che prima o poi più prima che poi- la campana sarebbe suonata: non solo per Termini Inmerese, ma anche per Pomigliano.Ma a che cosa non c’è alternativ? Al “piano A” di Marchionne? Un piano a cui solo se si è in MALAFEDE opuri Ipocriti, si può dare credito. Prevede che nel giro di quattro anni Fiat e Chrysler producano –e vendano- sei milioni di auto all’anno: 2.2 milioni Chrysler, 3.8 milioni la Fiat, Alfa e Lancia: un raddoppio della produzione. In Italia 1.4 milioni di auto: più del doppio di oggi. ( domanda : se si continua a tagliare stipendi e diritti ,chi le può comperare? lo spirito santo?) ( masochismo liberista ) La metà da esportare in Europa: in un mercato che già prima della crisi aveva un eccesso di capacità del 30/35%, che dopo la sbornia degli incentivi alla rottamazione è già crollato del 15% ( quello della Fiat del 30%) e che si avvia verso un periodo di lunga e intensa deflazione. Quello che Marchionne esige dagli operai, lo vuole subito. Ma quello che promette, al governo, ai sindacati,( cortigiani) all’opinione pubblica e al paese, è invece subordinato alla “ripresa” del mercato, cioè alla condizione che in Europa tornino a vendere 16 milioni di auto all’anno. Come dire:”il piano A” non si farà mai.( Non è una novità). Negli ultimi dieci anni, per non risalire più indietro nel tempo , di piani industriali la Fiat ne ha già sfornati a iosa , ogni volta indicando il numero di modelli, di veicoli, l’entità degli investimenti e la riduzione di manodopera previsti. Tranne l’ultimo punto, che era la vera posta in palio, degli obbiettivi indicati non ne ha realizzato, ma neanche perseguito, nemmeno uno. Ma è un andazzo generale; se i programmi di rilancio annunciati da tutte le case automobilistiche europee andassero in porto, nel giro di un quinquennio si dovrebbe produrre e vendere in Europa 30 milioni di auto all’anno; il doppio delle vendite pre -crisi. UNA AUTENTICA FOLLIA.
Dunque il “piano A” non è un piano e non si farà. L’alternativa in realtà c’è, ed è il “piano B”. se a chiudere non sarà Pomigliano ,perché Marchionne riuscirà a farsi finanziare da banche e governo(che agli errori delle banche può sempre porre rimedio, con il denaro dei contribuenti) i 700 milioni di investimento ipotizzati a far funzionare l’impianto(cosa tutt’altro che scontata) a cadere sarà qualche altro stabilimento italiano: Cassino o Mirafiori. O, più probabilmente, tutti e tre.
La spiegazione è già pronta: il mercato europeo non ha funzionato , come si era previsto. ( Hai voglia!) Il mercato europeo dell’auto è in irreversibile contrazione; l’auto è un prodotto obsoleto che nei paesi ad alta intensità automobilistica non può che perdere colpi ; “tirano” per ora ,solo i paesi emergenti (fino a che il disastro ambientale peraltro imminente, non li farà recedere anch’essi) , ma le vetture che si vendono là non sono certo quelle che si producono qui; ne in Italia ne in Polonia.
Poi c’è il piano “C” (non è scritto) , che io definisco : barbara oppressione sociale” per la definizione di uno stato incivile,che tradotto in parole semplici, lavorano e lavoreranno solo quelli che accettano tutto quello che decide l’azienda,quando questi lavoratori non c’è la faranno più e si ribelleranno, allora si creerà di nuovo una società ad hoc che rivelerà lo stabilimento e i macchinari e assumerà di nuovo solo chi accetterà le sue condizioni. A Genova col G8 è stata fatta la macelleria messicana , la fiat sta attuando la macelleria sociale. (Sarebbe bello che al lavoro con le paghe e i non diritti , al posto dei lavoratori di Pomigliano, ci mettessimo tutti quei sindacalisti,politici,intellettuali,professori,che dicono è giusto perché questo è il mercato. Anche se la cosa non inciderà sulle scelte dei prossimi mesi , è ora di dimostrare che non è vero che non c’è alternativa. L’alternativa c’è ed è la conversione ambientale del sistema produttivo (e dei nostri consumi) a partire dagli stabilimenti in crisi e dalle fabbriche di prodotti obsoleti(maturi) o nocivi,tra i quali l’automobile occupa il secondo posto ,dopo gli armamenti. I settori in cui progettare , creare opportunità e investire non mancano; dalle fonti di energia rinnovabili all’efficienza energetica, dalla mobilità sostenibile alla agricoltura a chimica e chilometri zero, dal riassetto del territorio all’edilizia ecologica.(Non ripeto il discorso fatto sul P:G:T, alternativo letto in questa aula). Tutti settori che hanno un futuro certo, perché il petrolio costerà sempre più caro ( e persino le emissioni a un certo punto verranno tassate ) , mentre le fonti rinnovabili costeranno sempre meno e l’inevitabile perdita di potenza di questa transizione dovrà essere compensata dall’efficienza nell’uso dell’energia. L’industria meccanica ( come quella degli armamenti ) può essere facilmente convertita alle produzioni di pale e turbine eoliche e marine, di pannelli solari , di impianti di cogenerazione. Poi ci sono autobus, treni, tram e veicoli condivisi con cui sostituire le troppe auto, assetti idrologici da salvare invece di costruire nuove strade, case e città da riedificare ( densificando l’abitato) dalle fondamenta. Ma chi finanzierà tutto ciò?.Se solo alle fonti rinnovabili fosse stato destinato il miliardo di euro che il governo italiano (peraltro uno dei più parsimoniosi in proposito ), ha gettato nel pozzo senza fondo delle rottamazioni, ci saremmo risparmiati probabilmente i due o tre miliardi di euro di penali che l’Italia dovrà pagare per aver mancato gli obbiettivi di Kyoto. SE invece di destinare 20 miliardi per la costruzione delle centrali nucleari ( che alla fine ci costerà più di 60 miliardi di euro),per mantenere in vita il vecchio che sta morendo venissero investite nelle produzioni ecosostenibili creerebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro, e una volta innescato il processo crea milioni di nuovi posti di lavoro sostituendo il vecchio che sta morendo .per proseguire l’evoluzione, rilanciando la ricerca e la scuola . Ma anche senza incentivi, le fonti rinnovabili si sosterranno presto da sole e i flussi finanziari oggi instradati a cementare il suolo, a rendere irrespirabile l’aria delle città, impraticabili le strade e le piazze, a riempirci di veleni per rendere sempre più sterili i suoli agricoli, a sostenere una industria delle costruzioni che vive di olimpiadi, expo,G8, ponti fasulli e montagne sventrate, potranno utilmente essere indirizzati in altre direzioni. È ORA DI METTERCI TUTTI A FARE I CONTI.
Ma chi potrà fare queste cose? Non certo il governo. Né questo né (eventualmente) uno di quelli che abbiamo conosciuto in passato; e meno che mai la casta politica di qualsiasi parte. CONTINUANO a riempirsi la bocca con la parola crescita e stanno riportandoci all’età della pietra. La conversione ecologica si costruisce dal basso
“sul territorio”, fabbrica per fabbrica, campo per campo,quartiere per quartiere ,
città per città. Chi ha detto che la programmazione debba essere appannaggio di un organismo statuale centralizzato e non il prodotto di mille iniziative dal basso?
(c?è bisogno di un indirizzo economico di sviluppo programmatico alternativo dello stato che allo stato attuale non c’è e non ci sarà nel breve e medio termine)
Chiamando per cominciare a confrontarsi in un rinnovato “spazio pubblico” senza settarismi e preclusioni, tutti coloro che nell’attuale situazione non hanno avvenire: gli operai delle fabbriche in crisi, i giovani senza lavoro, i comitati di cittadini in lotta contro gli scempi ambientali, le organizzazioni di chi sta già provando a imboccare strade alternative: dai gruppi di acquisto ai distretti di economia solidali.
E poi brandelli di amministrazioni locali, di organizzazioni sindacali, di associazioni professionali e culturali, di imprenditoria ormai ridotta alla canna del gas (non ci sono i “giovani imprenditori” di Santa Margherita ,nella loro testa hanno solo coglionate) e nuove leve disposte a intraprendere, e a confrontarsi con il mercato, in una prospettiva sociale e non di rapina. Il tessuto sociale di oggi non è fatto di plebi ignoranti, ma è saturo di intelligenza, di competenze, di interessi, di saperi formali e informali, di inventiva che l’attuale sistema economico e politico non sa e non vuole mettere a frutto .Certo, all’inizio si può solo discutere e cominciare a progettare. Gli strumenti operativi, i capitali, l’organizzazione sono in mano di altri. Ma se non si comincia a dire, e a saper dire, che cosa si vuole, e in che modo e con chi si intende procedere, chi promuoverà mai le riconversioni produttive?
Diceva il grande EPICURO: che i bisogni umani da soddisfare uguali per tutti sono: non avere sete, non avere fame, non avere freddo. Più tardi Marx sviluppò tale concetto,( che io penso non è altro che lo sviluppo del pensiero della borghesia liberale , dato che la cultura produce cultura,i saperi più saperi e conoscenza) e si è posto una domanda: come è possibile avere ( garantire) l’uguaglianza, la fratellanza, la libertà, se i mezzi di produzione e il profitto, quindi il potere, è nelle mani di pochi? Sviluppando tale concetto arrivò ad individuare il “vero” socialismo della spesa, nella proprietà collettiva dei mezzi di produzione, quale fulcro di una esistenza umana finalmente liberata dalle fauci vampiresche della proprietà capitalista. MA a quanto pare sono concetti scientifici che dobbiamo archiviare visto che, ormai, è l’insostenibilità finanziaria il criterio per sapere se ci è consentito di nascere e vivere’. Dovremo prima o poi farci i conti, se vogliamo continuare a evolverci.
Nessun commento:
Posta un commento