Non ho scritto quasi niente,
perché ho fatto sciopero contro me stesso. E’
inutile correre, perché oltre il limite, si va incontro alle varie distrofie
muscolari.Questa è una dichiarazione unica, sia sulla variante al PGT, che alla
terza variazione del bilancio. La realtà in cui vivo è che, non è ancora pienamente
matura la cultura del Bene comune, perché da parte degli amministratori
pubblici, si continua a legalizzare al peggio la distruzione del territorio di
competenza; territorio che viene considerato solo come spazio da consumare e
non come un bene da tutelare. Purtroppo il consumo del territorio, non è percepito dalle grandi masse,
come un problema da affrontare nell’immediato e non viene mai rappresentato
come tale da chi detiene i mezzi per farlo e vi dovrebbe provvedere secondo i dettati costituzionali. La difesa e
la tutela del territorio sono infatti principi sanciti dalla Costituzione, per
contrastare il progressivo degrado del paesaggio e l’ossessiva dilapidazione dello
spazio che abitiamo.
«Il degrado
di cui stiamo parlando, non riguarda solo la forma del paesaggio e dell'ambiente
e nemmeno solo gli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci
affliggono». E’ una forma di declino complessivo delle regole del vivere
comune, reso possibile dall’indifferenza, da leggi semplicistiche e contraddittorie,
fatte per essere aggirate con disinvoltura, dal malcostume diffuso e dalla monetizzazione
di ogni valore. Ne è un drammatico e
scandaloso esempio, il recentissimo spezzatino attuato dal sindaco Giraudini, sulla
centralissima area antistante l’ex sede municipale; talmente indigeribile che è
destinato a provocare gravissime conseguenze sulle attività culturali,
associative e commerciali, già esistenti nei dintorni, nonché sul sistema
circolatorio del capoluogo, irrimediabilmente compromesso. Un sindaco che ben
conosceva la ventennale storia dolorosa di quest’area, ma che ha preferito
ignorarla, a vantaggio dei soci privati dell’ex STU, respingendo l’istanza di
variazione del Piano del Governo del Territorio per il reintegro degli standard
urbanistici, di diritto pubblico, proposta nel 2011 dai gruppi Liberamente e Rifondazione. Tale area infatti,
era già stata conteggiata all’interno del progetto edilizio di reindustrializzazione
dell’area ex-Lmi e come tale era stata destinata – nel rispetto della Legge
urbanistica - alla realizzazione di standard sociali di pertinenza; in tale precisa
direzione si indirizzava la nostra Istanza. L’area insomma era stata concepita come bene di
servizio alla collettività, essendo stato previsto su di essa un vasto parco
urbano, ampi parcheggi e attrezzature pubbliche. Mai
niente di tutto questo è stato fatto dai sindaci, che dal 1992 (arch. Belloni) ad
oggi (arch. Giraudini) si sono succeduti, perché evidentemente il progetto sottinteso
era un altro, cioè quello di speculare, come e forse più dei privati. Così nel
2003 è stata concepita dal sindaco Bodini la STU, un vero colossale fallimento,
che avrebbe determinato – se realizzato - un disastro urbanistico senza pari.
Uno scandalo senza proporzioni e senza vergogna in Valtrompia, fermato in tempo
dai cittadini più sensibili con cui anche il suo gruppo politico, sig. Sindaco,
si è schierato. Ma ecco la fantastica sorpresa estiva di quest’anno, con la
quale proprio lei sig. Sindaco ha sottoscritto la suddivisone dell’area in tre
lotti edificabili, cedendone due bei grandi lotti, agli ex soci privati della STU, vincolandoli
alla concessione di cubature edilizie stratosferiche.
Il consiglio comunale ha poi ratificato quella mostruosa
convenzione con i soli voti della sua maggioranza, ma nessuno di voi ha doverosamente,
preventivamente e pubblicamente informato i cittadini della vicenda,
diversamente dai vostri ripetuti enunciati pubblicistici. Lei, Sig. Sindaco, si
è dunque mosso in direzione contraria agli interessi della popolazione, dimostrando
con uno straordinario elemento di finzione una rotazione di 180 gradi rispetto
alle promesse elettorali. Non si è mosso per mero meccanismo compensatorio: lei
si è rivelato un surrogato, una stampella subalterna agli ex soci della STU,
nella corsa al sacco del centro urbanistico di Villa Carcina. La logica
conclusione per voi è una sola: gli affari prima di tutto. Dunque innalziamo forte
il nostro sdegno e continueremo la protesta, insieme ad altri, per come
possiamo, a nome dei cittadini, che voi considerate sudditi.
Infatti l’importanza di quell’area è duplice: sta al centro
del territorio urbano del capoluogo ed era un bene pubblico, cioè non era
soggetta e non doveva divenire alla volontà di imprenditori privati, che
difendono sempre e solo il profitto privato più che l’interesse della
collettività. Se la storia dell’area ex-Lmi è esemplare, lo stesso discorso e
lo stesso impegno vale a livello generale.
La terra, l’acqua, l’aria non sono risorse infinite. La terra è
diventata una preda da addentare e divorare, senza alcun riguardo nei confronti
della sua rigenerazione ecologica e rispetto per le future generazioni.
La spinta al consumo di territorio – nonostante ciò che di
contrario ha diffusamente evidenziato la crisi economica internazionale - è ancora considerata dall'opinione pubblica, condizionata
dai mass media, come una necessità economica, che nel tempo dovrebbe avere
ancora, ricadute positive sul benessere dei cittadini. Se
ciò fosse vero, visto il tasso di cementificazione programmato e che abbiamo
vissuto in Italia, dovremmo essere una delle locomotive economiche d’Europa, uno
dei paesi dove il livello di qualità della vita è più alto.
E invece ciò non è affatto vero, non è così. Perché? Perché
la pianificazione urbanistica in Italia è pressoché assente, e dove non vi sono
regole a garanzia dell’interesse collettivo, finiscono per prevalere gli
interessi di pochi, di quanti cioè dominano il mercato immobiliare – i furbetti
di quartiere - imponendo le proprie regole ai pubblici amministratori.
A Brescia e provincia, per es., se venissero attuati tutti i
piani di edificazione comunali avremmo il doppio delle case rispetto alla
popolazione residente, con grave discapito per l’economia primaria
(agricoltura), la salute e non in grado di garantire un futuro dignitoso alle
persone.
Dunque, un processo decisionale di tipo speculativo, ma infarcito
da bei proclami avveniristici ad uso degli esclusi, derivato dalla convinzione
che ha intossicato la totalità della classe politica dirigente: non si può
stare fermi, bisogna crescere ed essere competitivi, l’economia non si può
rallentare, bisogna ammodernare il paese, occorre dare una risposta alle
esigenze del mercato.
Ecco dunque riemergere le esigenze del Mercato, come se il
mercato fosse il dio onnipotente e non regole transitorie che noi subiamo, in
quanto il Mercato considera la persona come merce, per esclusive esigenze e
interessi privati. In realtà oggi, di fronte alla riproposizione di tali errati
e crudeli ragionamenti, più che mai abbiamo un bisogno fondamentale di persone
come: l’emerito psichiatra Franco Basaglia.
Ma quale mercato? Il mercato speculativo o i bisogni reali –
non indotti - delle persone?
A Villa
Carcina abbiamo 600 appartamenti vuoti, oltre ai 250 programmati con l’AdT4 di
Carcina. A questi si assommeranno altri 20 appartamenti di 2.090 mq x 6 mila
metri cubi di edificabilità della Paterlini e Tonolini, e altri 20 con la
Unico, più altri sparsi nei dintorni e le 41 varianti del PGT. Il rischio
principale è che le nuove illegittime costruzioni, trasformino il centro
urbanistico di Villa, in un ingorgo residenziale, proprio là dove dovevano
espandersi il verde e i posteggi. Affari mostruosi, quelli unitariamente
concepiti e sviluppati per oltre due decenni dai massimi responsabili della
gestione della cosa pubblica del comune di Villa Carcina. Somma totale: oltre 900 appartamenti che moltiplicato per tre persone
fanno 2.700/3.000 residenti in più a Villa Carcina; senza tenere conto, oltre
al consumo del suolo, dell’aumento dei problemi fognari e della depurazione, dello smaltimento rifiuti, ma anche del
problema idrico e della viabilità e della qualità complessiva dell’aria, della qualità
dei servizi,ecc.
E’ vero, i Comuni versano in condizioni
economiche precarie - per non dire che sono economicamente alla banca rotta - e
le leggi finanziarie, anno dopo anno, si sono distinte per ingenti tagli agli
enti locali, riducendo di molto anche quella poca autonomia gestionale che era
rimasta. L'abolizione dell'ICI - ora denominata IMU - ha provocato un ulteriore
aggravamento della situazione e quello che ne uscirà ancora nessuno lo sa. E’ nient’altro
che il caos di uno Stato di non diritto, che difende i ricchi, i privilegi dei
possidenti, le speculazioni bancarie e finanziarie e che tutela l’evasione e
l’elusione fiscale. Entrate in costante diminuzione e uscite in
costante aumento, producono bilanci in costante forte squilibrio. In assenza di
una reale autonomia finanziaria, per un Sindaco e la sua giunta, è sempre più
difficile far quadrare i conti, realizzare le opere pubbliche, garantire ai
cittadini servizi indispensabili. Anche perché i Sindaci e le loro giunte, non
sono rette dai principi costituzionali,
ma da quelli della politica del cosiddetto: “Io non centro”. Come riuscire quindi a chiudere il bilancio in pareggio, realizzare
opere pubbliche e organizzare eventi culturali e servizi alla persona? Come
finanziarie il bilancio comunale in perenne squilibrio? La risposta a questa domande,
purtroppo, è spesso molto semplice. Grazie alla legge statale, che consente di applicare alla parte corrente
dei bilanci gli oneri di urbanizzazione e alla disponibilità di territorio in
aree geografiche dove l’edilizia rappresenta un valido sfruttamento, assieme alla
pratica della monetizzazione del territorio, farciti con la vendita dei beni
pubblici. Un circolo vizioso che, se non verrà interrotto, ci porterà al
collasso urbanistico, dovuto alla gravosa
sofferenza urbanistica dei paesi, che è già un dato di fatto in Valtrompia.Un meccanismo
deleterio e criminale, che permette di finanziare i servizi ai cittadini svendendo
i beni pubblici e con l’edilizia che di fatto droga i bilanci comunali,
finanziando spese correnti, con entrate una tantum, che prima o poi
termineranno. Continuo a ripeterlo: gli amministratori sono solo i gestori e
tutori dei Beni pubblici e non una riserva
di caccia per gli amministratori. L’attuale
variante al PGT è l’ennesima conferma di questa logica dell’utilizzo del territorio, asservita alle pseudo esigenze di bilancio. Dopodiché Sig.
Sindaco, se Lei terminerà il suo mandato, senza vendere l’area di via Gramsci,
rendendola fruibile alla popolazione, costruendo un progetto, insieme alla
commissione territorio e ecologia, coinvolgendo la popolazione, penso che i
cittadini di questo paese le saranno grati. Perché sarebbe l’inizio di una
nuova cultura dei beni pubblici di cui i proprietari sono i cittadini e non
l’amministrazione comunale, che è solamente gestore e tutore dei beni pubblici.
Voglio concludere con una estrema sintesi, del discorso fatto dal capo
Seattle all’Assemblea Tribale del 1854, in risposta ad una offerta di acquisto
che il “Grande Capo” di Washington (Douglas) fece per una vasta area di territorio
indiano, in cambio di una riserva per il popolo indiano. La risposta del Capo
indiano Seattle rimane ancor oggi il più bello e profondo documento ecologico
mai scritto!
Capo Seattle (sintesi)
“Sappiamo
che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi.
Per
lui una parte di terra è uguale ad un’altra, perché è come uno straniero che
irrompe furtivo nel cuore della notte e carpisce alla terra tutto quello che
gli serve. La terra non è suo fratello
ma suo nemico e quando l’ha conquistata passa oltre.
Egli
abbandona la tomba di suo padre dietro di sé e ciò non lo turba.
Rapina
la terra ai suoi figli, e non si preoccupa.
La
tomba di suo padre, il patrimonio dei suoi figli cadono nell’oblio.
Egli
tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come cose da comprare,
sfruttare,
vendere come si fa con le pecore o con le perline luccicanti.
La
sua ingordigia divorerà la terra e lascerà dietro di sé solo deserto”.